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Il vecchio modello e i nuovi paradigmi

Il vecchio modello

Ci vuole molto poco per descrivere il vecchio modello economico (o meglio: il modello economico dominante, detto economia di mercato).

Basta una sola definizione: la legge della giungla.

  • Il più forte distrugge il più debole.
  • Solo il più forte sopravvive, i più deboli soccombono.
  • Il primo che arriva si appropria di tutto; infatti pochissimi soggetti utilizzano la quasi totalità delle risorse del pianeta, mentre la grande parte dell'umanità non ha l'indispensabile per sopravvivere.
  • Sfruttamento indiscriminato delle persone per produrre di più e meglio.
  • Sfruttamento indiscriminato delle risorse del pianeta.
  • Sfruttamento delle idee e delle tecnologie, usate non per fare progredire l'umanità. ma per aumentare lo sfruttamento ed impedire che altri possano fare le stesse cose.

Se, dopo quattro milioni e mezzo di anni di presenza sulla terra l'umanità ancora non si è minimamente evoluta nemmeno di un soffio (perché quattro milioni e mezzo di anni fa l'economia funzionava esattamente su questi principi), veramente siamo messi male.

Usiamo le metodiche e le tecnologie più sofisticate per perseguire gli stessi identici fini dello scimmione nostro progenitore.

Possiamo, quindi, decretare il fallimento assoluto del nostro sistema economico attuale, che arricchisce pochi a scapito della maggioranza degli abitanti del pianeta, creando ingiustizie ch degenerano in sempre nuove forme di conflitti.

Nuovi paradigmi

Basta pensare che il profitto sia un mezzo e non un fine per sconvolgere completamente tutte le idee stereotipe, cristallizzate e primitive relative all'economia.

Ma, sorge spontanea una domanda, se il profitto è un mezzo, qual'è il fine?

La risposta a questa domanda ci offre innumerevoli scenari interessanti: la creazione di ricchezza per tutti, il sostentamento dell'umanità, l'autorealizzazione tramite il lavoro, il miglioramento della società, ecc.

Non è necessario che il fine sia uno solo, né che sia compreso nel mio striminzito elenco: ma si capisce che basta spostare lo sguardo un pelo oltre il proprio naso per rivoluzionare il mondo.

Seconda domanda: chi deve trarre profitto dall'economia? Uno, pochi, molti, tutti, perfino il pianeta?

La domanda è interessante e, come la precedente, apre sempre più numerosi scenari.

Il bello è che, mentre nell'economia classica la risposta è sempre una e sempre la stessa da quattro milioni e mezzo di anni, alle mie due nuove domande le risposte sono numerosissime e capaci di aprire, ciascuna, orizzonti amplissimi.

Il mondo nuovo

Per fortuna viviamo in un periodo in cui molte persone sono piene di idee.

E, riguardo all'economia, ci sono molte visioni differenti, in quanto partono di differenti presupposti.

Visto che tali presupposti possono facilmente essere combinati assieme, gli approcci possono essere praticamente illimitati.

Cercherò di dare qui una piccola panoramica del fenomeno, premettendo che ognuno di questi elementi raramente è disgiunto dagli altri e che le divisioni qui presentate sono puramente di comodo.

Visione sociale

Secondo questo paradigma non debbono esistono pochi proprietari che sfruttano migliaia di lavoratori, ma la proprietà delle aziende deve essere il più possibile diffusa, in modo che la ricaduta dei profitti avvenga su una base vasta, possibilmente sui lavoratori stessi. Questo tipo di visione ha un'origine evidentemente marxista, anche se poi molti sviluppi di questi concetti sono stati fatti propri da un panorama di soggetti ben più variegato politicamente.

Da qui la nascita delle innumerevoli forme di proprietà diffusa (i lavoratori azionisti dell'azienda, oppure le public companies) e dell'immenso movimento cooperativo.

Questo modello di economia coesiste perfettamente con l'attuale economia di mercato, e grandissime aziende lo testimoniano.

Visione solidale

Questa prospettiva propone di abolire lo sfruttamento sia dei lavoratori sia dell'ambiente mediante azioni volontaristiche che mirano a portare il massimo numero di persone ad acquistare prodotti il cui valore aggiunto è dato dalla dimensione etica. Quindi i piccoli produttori vendono il loro prodotto a prezzi equi (superiori a quelli di mercato) che permettono loro:

  • una migliore qualità della vita
  • una maggiore redistribuzione sociale: vengono privilegiati piccoli e piccolissimi produttori
  • una maggiore tutela dei diritti del lavoratore
  • la possibilità di pianificare investimenti
  • la possibilità di stabilire un legame stabile con i compratori e avere la certezza di vedere acquistato il proprio prodotto anche in futuro
  • il rispetto dell'ambiente, basato su materie prime di origine biologica e processi di lavorazione eco - compatibili

Visto che i prezzi a monte sono molto più alti, occorre che vengano ridotti a valle, quindi occorre eliminare il più possibile tutti gli anelli della catena distributiva e diminuire i margini dei venditori finali.

In determinate condizioni anche questo modello può coesistere sufficientemente bene con l'economia di mercato, in quanto l'equità del prodotto diventa un importante valore aggiunto al prodotto stesso.

Visione ambientalista

Secondo questo modello è indispensabile il totale rispetto delle risorse del pianeta terra in qualsiasi attività economica.

La parola d'ordine di questo modello è: sviluppo sostenibile ed eco - compatibile.

Infatti le risorse del pianeta sono comunque limitate e, indipendentemente dalle polemiche sui catastrofismi, prima o poi si esauriranno.

L'utilizzo di risorse non rinnovabili (petrolio, carbone, gas naturali, minerali di cava, ecc.) ha comunque i giorni contati, indipendentemente dalle varie teorie contrastanti sui tempi di esaurimento di tali risorse.

Si cerca, quindi, di ricorrere il più possibile all'utilizzo di risorse rinnovabili (energia del sole, energia eolica, prodotti agricoli) e di incentivare al massimo il risparmio di risorse e la diminuzione degli sprechi, maniacali nell'attuale società dei consumi.

Questo modello non può che scontrarsi con l'economia di mercato (eccetto che per l'agricoltura biologica, in quanto il contenuto salutista dei prodotti è un importante valore aggiunto che ne giustifica i maggiori costi) e per essere applicato ha bisogno di legislazioni particolarmente restrittive. Molti paesi del mondo (soprattutto alcuni paesi europei) cercano il più possibile di venire incontro alle esigenze ecologiche, varando leggi che tutelano l'ambiente.

Ovviamente l'economia di mercato preferisce ricorrere ai paesi che dell'ambiente se ne fregano, paesi che, pertanto, dominano la scena produttiva mondiale facendo della devastazione ambientale immensi profitti (Stati Uniti compresi, che non hanno mai ratificato nemmeno il protocollo di Kyoto e che sono in assoluto i maggiori inquinatori mondiali).

Tuttavia, visto che i problemi ambientali non sono troppo sensibili alle frontiere, i paesi che inquinano di meno sono a loro volta inquinati da coloro che non sono virtuosi, rendendo parzialmente vani gli sforzi dei pochi che li fanno.

Visione etica

Sotto questa definizione pullulano miriadi di approcci diversi, molto difficili da sintetizzare con una sola definizione.

Fondamentalmente questo modello presuppone un fine dell'economia che non è (o non è solo) il profitto, e quindi, se lo scopo è altro (vedi il paragrafo sui nuovi paradigmi), tutto il modo di concepire le cose cambia completamente.

Alcuni grandissimi imprenditori si sono convertiti a paradigmi etici (vedi Rockefeller, Ford, ecc.), e quindi questo tipo di visione può partire sia dal basso (da una comunità di consumatori o di lavoratori) che dall'alto (da imprenditori più o meno illuminati).

Non va disprezzato il raggiungimento di questo paradigma quando proviene dall'alto: anzi, le sue migliori realizzazioni (almeno finora), sono nate in questo modo, in quanto le masse e i gruppi sono più propensi a cercare una distribuzione equa del profitto e del lavoro piuttosto che un radicale cambiamento degli obbiettivi di fondo. Una visione veramente innovativa è più tipica del singolo (un imprenditore creativo, illuminato, capace di nuove visioni) che di un gruppo. Almeno per il momento.

In questo tipo di approccio un affare è tale solo se lo è per tutti i contraenti, includendo tra questi perfino i lavoratori e perfino l'ambiente.

Molti di questi approcci (che sono numerosissimi) sono perfettamente compatibili con l'economia di mercato, ma l'enorme varietà di questi non permette di fare delle grandi generalizzazioni.

Visione spirituale

Questo approccio è, in realtà, un'evoluzione del precedente, solo che la visione dei fini si sposta dal sociale allo spirituale. Il punto focale non è più lo scopo dell'economia, ma quello dell'esistenza umana, e partendo da queste premesse le conseguenze non possono che essere completamente rivoluzionate.

L'umanità è vista come un'unica indissolubile famiglia, quindi si precludono azioni che avvantaggino un gruppo di persone e ne svantaggino un altro; anche il pianeta terra è visto come un'essere vivente (e oggi molto sofferente) che deve essere attentamente considerato. L'economia deve produrre il massimo beneficio possibile al massimo numero di persone, sempre senza sottovalutare i diritti dell'ambiente.

A seconda degli orientamenti di riferimento anche qui gli approcci sono numerosissimi, anche se qui troviamo sia approcci che cadono dall'alto, sia approcci che nascono da gruppi di persone di buona volontà.

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economia/nuovi_paradigmi.txt · Ultima modifica: 2020/06/05 08:32 (modifica esterna)