Diario dall’India: 15 gennaio 2015

Sveglia spietata, fuso orario opposto a quello dell’Italia, ma la macchina del Gandhi Ashram è implacabile davanti alla porta di casa e sta aspettando. Colazione al volo, problemi di fuso orario infiniti (soprattutto nel senso che mi sento fuso), ma, mentre mi precipito nel giardino … l’apparizione!

Il Kangchenjunga, la terza montagna del pianeta, la regina dell’Himalaya. E’ alta 8586 metri ed è stata ritenuta per lungo tempo la montagna più alta del mondo. Solo nel 1849 degli scienziati britannici riuscirono a misurare che l’Everest e i K2 sono più alti (di pochi metri: l’Everest è alto 8848 m. e il K2 è di 8609 m.). Non è sempre facile vedere  il Kangchenjunga, perché nebbie, foschie e nuvole molto spesso ne impediscono la visione. A vederla non sembra nemmeno così grande e così alta, ma l’occhio ci inganna. Quello che non ci inganna è la maestà di questa presenza, potente, imperiosa e silenziosa.

2015-01-17 07.42.12

Dopo essere rimasto per un po’ senza fiato, scusandomi con l’autista per averlo fatto ritardare così tanto, corsa verso il Gandhi Ashram.

Qui grande cerimonia per il nostro arrivo, il vicedirettore ci offre la sciarpa (da queste parti vige la tradizione tibetana di mettere una sciarpa sul collo degli ospiti illustri) e ci introduce subito nella scuola. Il coro della scuola ci fa ascoltare un brano nepalese e l’inno del Gandhi Ashram.Tutto avviene nell’Aula Magna che è una grande sala dove sono state dipinte alle pareti le montagne, in maniera che all’interno ci si sente all’esterno. Seguono le presentazioni. Visto che le cose ufficiali mi infastidiscono, io dico subito:

“because I’m really not gifted for languages, if you laugh when I am speaking you’re completely right!”

Risata generale, che mi permette di rompere il ghiaccio. Poi spiego che sono venuto principalmente a cercare di capire quello che serve a loro, e che non ho un programma standard da imporre ma solo un bagaglio di competenze dal quale estrarre volta per volta quello che può sembrare utile. Poi spiego che desidero conoscere le persone ad una ad una ma che non si tratta di un esame, e quindi faccio a tutti delle semplici domande per capire qual è la loro storia musicale e da dove è possibile partire.

Oltre i corsisti, c’è un grandissimo numero di bambini, bellissimi deliziosi, dolcissimi. Mostrano nei loro volti la pluralità di tratti somatici che caratterizzano questa zona di frontiera: tibetani, indiani, nepalesi e cinesi. I bambini sono il futuro e la bellezza del mondo, anche perché sono portatori della qualità più rara: l’innocenza. Qualità senza la quale non si può entrare nel regno dei cieli. Il vicedirettore della scuola vorrebbe mandarli via quando io comincio il corso, ma io gli dico subito che non solo non mi danno fastidio, ma anzi che mi mettono gioia e che, quindi chiunque vuole rimanere può farlo. A questo punto comincio e spiego un po’ di cose di base e gli faccio fare i primi esercizi pratici di gestualità direttoriale. I bambini si diverto un sacco e si cimentano nei miei esercizi meglio e con più impegno degli adulti. Lo sapevo che va sempre a finire così…

Ecco un po’ di foto:

All’ora di pranzo rimaniamo al Gandhi Ashram dove mangiamo un ottimo menu indiano nella casa del direttore, mentre tutti gli studenti e i bambini mangiano in una mensa al piano di sotto.

Nel pomeriggio decidiamo di separare le lezioni: quelle di pianoforte verranno fatte nell’aula magna, che ha il pianoforte, mentre le mie lezioni vengono fatte nell’aula adiacente, dove posso disporre di una lavagna e di una squallidissima pianola:

2015-01-17 11.00.35

 

Finito il lavoro l’autista ci riporta a casa.

Strappo un po’ di tempo per guardare dove mi trovo (tutto era avvenuto così frettolosamente..) e per riassettarmi un poco prima della cena, preparata con amore e competenza da Suman, la cuoca di Crookety House.

Pochissime chiacchiere davanti al focolare acceso e poi crollo schiantato sul letto.

Rispondi se ti va di lasciare un commento: