Grazie, Lorin Maazel

Ho appena avuto la notizia della morte di Lorin Maazel. Avendolo sentito in concerto numerosissime volte e avendo nell’orecchio tante sue incisioni, pensare a lui è stato come ripercorrere le avventurose storie della mia vita. E’ sorprendente come l’esistenza di un artista sia, per chi lo ha apprezzato, come la vita di un parente, di un amico intimo. Esiste un misterioso e insondabile filo che unisce i nostri gesti, i nostri pensieri, i nostri sentimenti e i nostri sogni con gli artisti e l’arte del nostro tempo. Se siamo consapevoli di questo filo, l’importanza di un artista ha la stessa potenza interiore di chi ci è stato intimo, e la sua scomparsa ci costringe a passare in rassegna tutta la nostra esistenza per fare una sintesi degli eventi e degli apprendimenti scaturiti grazie a quella relazione. E queste sintesi sono davvero importanti, anche solo per toccare con mano che ogni apprendimento è il risultato di una relazione, che ogni comprensione non è solo nostra, ma necessita di un “grazie” a qualcuno, talvolta al mondo intero. Grazie Lorin Maazel, che ti vai ad aggiungere alla folta schiera di coloro dai quali ho avuto un prezioso insegnamento!

Quando il saluto è arte

Il fatto di salutare una persona che esce da casa tua è, generalmente, una convenzione sociale. Ma se il saluto è qualcosa di particolare, rimane impresso indelebilmente.

Ieri mi sono inerpicato per le montagne della Carnia per poter conoscere il Maestro Giovanni Canciani. Quando me ne sono andato, mi ha invitato a suonargli un tema di fuga al pianoforte. Gli ho proposto un soggetto reale in re minore. E lui, come saluto, mi ha improvvisato una sapientissima fuga a tre voci, con otto divertimenti, due controesposizioni e due stretti.

Non è certo un modo di salutare alla portata di tutti. Ma uno che ti saluta così come fa a non essere immortale?