La grande narrazione

Come le forze oscure sono (finora) riuscite a conquistare il mondo tramite la finanza e cosa possiamo fare per far trionfare il bene comune.

Avvertenze: questo articolo è abbastanza lungo rispetto ai normali articoli di un blog, ma non può essere accorciato oltre una certa misura per la complessità dei temi trattati. È ovvio che ogni affermazione dovrebbe essere esemplificata e spiegata, ma così verrebbe fuori un volume, cosa che non è nelle mie intenzioni, che sono infinitamente più modeste.

So anche che, dopo la lettura di questo articolo, molti mi toglieranno il saluto.

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Lo Spirito spiritoso

Un guazzabuglio spiritosamente spirituale.

Migliaia di anni in cui la religiosità era basata sull’espiazione, la colpa e l’autoflagellazione hanno lasciato una traccia garbatamente percepibile sul buonumore delle persone. Il Dio spietato giudice e inflessibile punitore del dies irae – la preghiera più ansiogena della storia – il timor di Dio, iscritto tra i sette doni dello Spirito Santo (ma non si disturbi: ne facciamo anche a meno), interpretazioni terrorizzanti delle Scritture (prima tra tutte l’Apocalisse che dal significato originario di rivelazione ha preso il significato comune di tragedia immane) hanno instillato una tristezza pesantissima che spesso ha angosciato coloro che si sono accostati al mondo dell’oltre. Paura e cupezza sono state il motto e il modo. Il riso abbonda sulle bocche degli stolti, è stato il fulgido orientamento sul quale venivano educati i fanciulli, affinché costruissero operosamente una società mesta e depressa.

Dopo la cerimonia in onore di Sarasvati in cui mi è stata posta la TIKKA sulla fronte (mannaggia che puzza…) sono diventato S. Ilario della Risata. Seguirà copiosa produzione di santini

Eppure i grandi Santi, Maestri e Mistici erano allegri e gioiosi come dei bambini. Di costoro sono stati tramandati numerose battute e motti di spirito (guarda guarda questa strana espressione…), spesso fortunosamente scampati alle terribili censure che venivano fatte loro post mortem, al fine di confermare l’immagine di angosciante austerità costruita dai loro successori.

S. Francesco, per esempio, aveva un tale senso dello humour da essere ricordato dai posteri come il giullare di Dio, appellativo utilizzato fin dal titolo per capolavori del cinema e del teatro come quelli di Roberto Rossellini, Mario Monicelli e Dario Fo. Ma questi eccellentissimi artisti non hanno potuto attingere alle lepidezze originali di Francesco, perché S. Bonaventura da Bagnoregio, una volta nominato ministro generale dell’Ordine, avendo scritto una biografia del Santo ampiamente emendata (oggi la chiameremmo biografia autorizzata) distrusse – bruciandoli – tutti i documenti che non la confermavano. Non ci riuscì completamente, perché Francesco era diventato troppo famoso e troppi scritti circolavano su di lui, tuttavia Bonaventura non mancò di praticare uno degli esercizi spirituali di lì in poi più promettenti: il rogo. Essendo solo agli albori di una grande stagione, il pivellino si limitò a infiammare libri e papelli.

Per indole e destino non riesco a evitare di giocare con le radici delle parole. Innanzitutto, fin dal titolo di questo pasticciaccio è evidente che spirito, ed il suo aggettivo corrispondente, indicano sia l’elemento trascendente sia il buonumore, derivando da spiritus, che in latino è il respiro vitale. Infatti ridere è altrettanto vitale quanto avere fede: la leggerezza innalza e dà vita.

Il desiderio sommo di ogni ricercatore interiore è l’unione con il Divino, che in sanscrito ha la radice Jogh. E da questa radice sono venute in oriente la parola Yoga e in occidente la parola Gioia.

Anche la parola Giogo (quello che unisce i buoi al carro o all’aratro) viene dalla stessa radice, ma, essendo ingombrante e pesante, nelle comuni orazioni quotidiane è stato totalmente soppiantato dalla coroncina del rosario. Avrei sperato vedere anche la parola Gioco, provenire dalla stessa origine, eppure i glottologi non mi sostengono e preferiscono derivarla o dalla radice pre-italica diu (esser lieti) o dalla radice jak (scagliare), entrambi soluzioni che mostrano come il fine ultimo della glottologia sia di farci sbellicare dalle risate. Almeno i glottologi ci allietano con una disciplina che deve il suo fascino al fatto di non essere una scienza esatta, e quindi può ancora farci divertire, sperare e sognare.

Per rendere la spiritualità effettivamente spiritosa ci vorrà tempo, magari non proprio migliaia di anni, forse possiamo essere un po’ più veloci. E se saremo più veloci, allora saremo più allegri, parola che viene dal latino alacer che significa veloce e che solo nel lessico musicale ha conservato il significato originario.

Comunque andranno le cose, occorrerà che ci dotiamo di una grande pazienza.

S. Agostino pregava: “Signore, concedimi il sublime dono della pazienza…

Subito però!

 

Elegie per una rinascita

Kareem Wasfi mentre suona a Baghdad subito dopo l'esplosione di una bomba nel luogo del massacro

Kareem Wasfi a Baghdad, mentre suona nel luogo di un massacro, subito dopo l’esplosione di una bomba

Guerre recenti o guerre in corso non fa tanta differenza: pochi sono i lembi di terra che non siano impregnati di sangue, sparso inutilmente come sempre, nell’eterno crudele gioco al massacro.

Ma in mezzo alle rovine, quando tutti piangono e imprecano, dove ogni speranza sembra essere pura follia, dove il dolore acerbo strazia gli animi e dove i sentimenti dominanti sono odio, paura, disperazione, ebbene, proprio in questi luoghi più colpiti dalla disgrazia, esiste qualche angelo in forma umana che si comporta in controtendenza, che lancia ponti verso un qualcosa di diverso, che irradia semi di luce anche dal profondo del baratro. Perché profondissime ferite e acerbo dolore vanno lungamente elaborati, sia in forma individuale che comunitaria, fino al punto di poter aprire le porte ad un possibile oltre.

Non so se è solo una semplice coincidenza, ma sono stati sempre dei violoncellisti ad occuparsi di questa rielaborazione collettiva di un lutto comune.

Sono ammirato di fronte all’eroismo di Kareem Wasfi, violoncellista Iracheno, che dopo ogni esplosione di bombe – e sono tante – corre nel luogo dell’esplosione e suona musiche di sua composizione per esorcizzare la paura, per offrire alternative al buio profondo.

Ogni giorno rischia la pelle, cecchini e fanatici sono sempre in agguato, eppure lui testimonia ogni giorno nella sua musica la possibilità di un’altra vita e di un altro futuro.

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Vedran Smailović nel 1992 suona il violoncello tra i ruderi della Biblioteca nazionale di Sarajevo, semidistrutta durante l’assedio. (foto di Mikhail Evstafiev)

Come pure ho provato grande reverenza e commozione di fronte a Vedran Smailović, violoncellista bosniaco che in mezzo alle macerie di Sarajevo assediata suonava il cosiddetto Adagio di Albinoni in memoria dei civili uccisi dai cecchini mentre erano in fila per il pane, incurante lui stesso della propria incolumità.

Mstislav Rostropovich suona Bach davanti al Muro di Berlino

Mstislav Rostropovich suona Bach davanti al Muro di Berlino

Infine sempre ricorderò il sommo Mstislav Rostropovich che si mise a suonare Bach davanti al muro di Berlino che veniva finalmente smantellato.

Storie diverse, artisti diversi, musiche diverse, ma uno stesso messaggio lanciato da più messaggeri attraversa le coscienze. La musica può aiutare a solennizzare la dignità dell’essere umano, ad elaborare un lutto, a oltrepassare i cumuli di macerie.

Possiamo considerare questi personaggi come illusi o sognatori, ma quello che hanno fatto è stato grandioso: dare una risposta alla barbarie che non fosse simmetrica, come i sentimenti scaturiti dall’odio e dal rancore vorrebbero.